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FABIO ROIA

Categoria “Personaggio uomo per i diritti umani”

“La violenza contro le donne uccide più della mafia. Una sofferenza per un Paese democratico”. Era il 2019, Fabio Roia - attuale presidente del Tribunale di Milano, eletto a larga maggioranza lo scorso 19 ottobre 2023 - pronuncia con franchezza e pubblicamente al Sole24Ore parole che pesano come macigni. Parole frutto dell’onestà di chi ha speso una vita nell’impegno contro la violenza di genere prima come pubblico ministero presso la Procura del Tribunale di Milano, come giudice nell’area dei soggetti deboli poi. 

“Volevo dare una risposta alla sofferenza lacerante di questi casi che non trova mai la parola ‘fine’ o ‘basta’”, racconta al Corriere della Sera. 

Una vocazione che ha origini lontane, quando appena ventiseienne è entrato in magistratura superando il concorso dopo l’università. Da lì è iniziata una straordinaria carriera a servizio delle donne e dei più deboli. Nel 1989 è stato addetto al Dipartimento competente per i reati a sfondo sessuale e legati allo sfruttamento dei minori e dei soggetti deboli. Fin dal 1991, in quegli uffici che si chiamavano procure presso la pretura, le cosiddette ‘procurine’, sommerso da casi anche struggenti, ha iniziato la sua lotta per una rivoluzione culturale e sul campo in difesa delle donne. “Il reato di violenza domestica c’era già - spiega Roia - perché era un reato del codice Rocco - Codice penale che prese il nome dal Ministro della Giustizia del Governo Mussolini Alfredo Rocco -, ma mancava tutta la normativa che abbiamo adesso. C’era molta fantasia interpretativa”.

Le carenze legislative erano accompagnate da problemi socioculturali perché “il predominio di genere nell’ambito della relazione affettiva è strutturato nella mentalità dell’uomo”.

Come quell’episodio raccontato da Roia, di un interrogatorio svolto in carcere ad un uomo, italiano e meridionale, che all’accusa di aver picchiato la moglie gli rispose sincero ‘Signor giudice ma io non sapevo che picchiare la moglie è reato’”. 

Pm fino al 2006, per quattro anni al Consiglio Superiore della Magistratura dove si è occupato della prima risoluzione di indirizzo sul contrasto alla violenza domestica, Fabio Roia, poi rientrato in ruolo, ha svolto le funzioni di giudice nell’area di soggetti deboli e attualmente è presidente di Sezione presso il Tribunale di Milano nella sezione misure di prevenzione. 

Dal 1996 tiene corsi di perfezionamento e didattica in tema di abuso e maltrattamento nelle Università milanesi. Ha pubblicato diversi manuali che sono libri guida per chi si occupa di violenza sulle donne tra cui “Crimini contro le donne, politiche, leggi e buone pratiche”, Franco Angeli Editore, Milano. Nel 2018 ha fondato l’Osservatorio della violenza sulle donne ‘uno spazio in continuo aggiornamento con norme, giurisprudenza e notizie, e relativi commenti di esperti, utili ai fini del contrasto al fenomeno della violenza di genere’. E nello stesso anno ha ricevuto un premio a cui tiene particolarmente: l’Ambrogino d’oro, benemerenza della sua Milano. 

A febbraio del 2024 si è insediato come nuovo presidente del Tribunale di Milano e in apertura di cerimonia ha voluto porgere pubblicamente le scuse alla moglie Adriana Cassano Cicuto, anche lei giudice, che per incompatibilità ha dovuto rinunciare al suo incarico di Presidente di una sezione civile: “Devo formulare un atto forse di scuse alla presidente Adriana Cassano Cicuto, giudice che conosco molto bene e sulla cui persona ho scommesso la mia vita, la quale ha rinunciato alle funzioni semidirettive giudicanti presso il tribunale per evitare situazioni di incompatibilità e consentirmi di celebrare con voi questo momento. L’unica ombra. Emerge sempre la questione di genere, con la donna che deve arretrare per fare spazio all’uomo. Da parte mia il desiderio e l’impegno che in un momento davvero prossimo si possa dire e fare il contrario, attraverso una effettiva parità di chance tra donna e uomo in tutte le articolazioni della società con l’uomo che rinunci senza frustrazioni a favore della donna”.

Da quel lontano 1991, quando Roia da pioniere si occupò di abusi contro le donne, sono stati fatti passi da gigante ed ora grazie anche al suo operato c’è un quadro di normative completo. Ma la strada è ancora lunga. Perché come ha raccontato lui stesso nell’intervista al Corriere della Sera “dobbiamo creare le condizioni affinché la violenza di genere sia riconosciuta a livello di collettivo, senza esitazione. Proprio come si riconosce e si condanna una rapina o un furto. Io non mi scoraggio mai ma a volte, davanti a certi episodi, mi ritrovo a pensare che le cose non siano così cambiate. Sembrano cambiate sotto la luce dei riflettori, non poi così tanto nella penombra e nell’ombra del quotidiano”.

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