SURAYA PAKZAD RICEVE IL PREMIO PER I “DIRITTI UMANI”
Conosciamo meglio Suraya Pakzad, executive director di Voice of Women Organization, la prima organizzazione femminile sorta in Afghanistan nel post regime talebano al fine di rivendicare i diritti delle donne. Suraya riceverà il Premio Semplicemente Donna nella categoria “Diritti Umani”.
Sposatasi a 14 anni, Suraya è madre di sei figli. Dai lineamenti dolci, ma decisi, è un personaggio scomodo per una società come quella afgana dove la donna deve stare dietro l’uomo e mai camminare al suo fianco. Nei suoi confronti non sono mancate le minacce di morte, ma queste non l'hanno fermata: in Afghanistan, le minacce alle donne che si occupano di altre donne sono all'ordine del giorno; fanno parte del loro profilo professionale.
Ma Suraya è arrivata fino alle Nazioni Unite per denunciare gli abusi che patiscono le donne afghane, e per questo suo impegno, nel 2008 ha ricevuto il premio “Women of Courage” del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e nello stesso anno le è stato assegnato il “Malali Medal” dal presidente dell'Afghanistan. Inoltre, nel maggio 2009 la rivista Time l'ha riconosciuta nel maggio 2009 come una delle cento persone più influenti al mondo, mentre nel 2012 ha ricevuto “The Female Leader of the Year Award” in Germania.
Aveva solo 12 anni quando la sua preside fu uccisa davanti ai suoi occhi solo perché non indossava una sciarpa. In quel momento non poté far nulla, ma comprese che se avesse voluto salvarsi, avrebbe dovuto sapere esattamente cosa stesse succedendo e fare ciò che doveva essere fatto.
Fresca di laurea in Lettere all'Università di Kabul, inizia ad insegnare alle donne a leggere e scrivere. E’ il 1998 e l'Afghanistan vive sotto il regime dei talebani. Da giovane attivista deve agire in clandestinità cambiando continuamente sede per le lezioni per paura di essere scoperta. In quegli anni la vita delle donne, trattate come cittadine di serie B, è un inferno. Niente lavoro fuori casa, solo matrimoni combinati e reclusione totale: la donna transita come una proprietà dalla famiglia di origine a quella del marito.
Nel 2001, Voice of Women Organization esce allo scoperto: prima organizzazione femminile a sorgere all’indomani della caduta del regime talebano, è apolitica, apartitica e lavora per la promozione socio-economica delle donne e delle ragazze.
Nel 2004 Suraya riesce ancora ad interpretare bene i segnali che il mondo le manda: la capitale, con la massiccia presenza straniera, diventa gradualmente più controllata e “civile” mentre le zone periferiche dell’Afghanistan rischiano di rimanere indietro. Decide così di trasferire la sede principale di Voice of Women nella più conservatrice provincia di Herat.
“Il mio obiettivo principale è quello di offrire accoglienza e consulenza a tutte le donne: a quelle rilasciate dal carcere, alle donne che sono fuggite da rapporti violenti, alle ragazze che sfuggono ai matrimoni forzati. Attraverso gli interventi dell’organizzazione, forniamo protezione legale e sociale, accesso alla giustizia e promozione della legislazione sui diritti delle donne, ma non solo. Offriamo anche servizi sanitari, sviluppo delle capacità per l’emancipazione sociale e gruppi di formazione professionale per l’empowerment economico”.
Un grande risultato per un’idea nata dalla sofferenza e cresciuta, in gran segreto, in una piccola stanza nei sobborghi di Kabul. Oggi, Voice of Women opera in 29 province dell’Afghanistan con 234 dipendenti. Ma il dato più significativo è questo: approssimativamente 3.409 donne hanno beneficiato di un’educazione attraverso corsi di alfabetizzazione, formazione professionale e life skills. Donne che, comunque vada, hanno in mano oggi il futuro dell’Afghanistan.
“Adesso le donne possono uscire, possono studiare anche all’università e ottenere un dottorato di ricerca- afferma Suraya. Molte hanno una propria attività commerciale. Ci sono donne anche in politica, nel parlamento e donne attive nella società civile. Se si confronta la situazione odierna con quella precedente, le donne oggi stanno meglio, ma se si considera ciò a cui la donna ha diritto, allora si capisce che c’è ancora tanta strada da fare. La violenza domestica è a livelli drammatici e le donne difficilmente vengono supportate dalle famiglie qualora volessero denunciare”.
Sono 1.700 le donne che negli anni hanno ricevuto aiuto da Voice of Women Organization. Si va dalla semplice fornitura di cibo e vestiti all'accoglienza in strutture protette (l'associazione detiene 5 shelter nella provincia di Herat e 5 sportelli informativi nelle province più grandi), dalla consulenza familiare, psicologica e legale all'istruzione, dalla formazione professionale all'inserimento lavorativo fino ad arrivare alla gestione di asili dove le donne che lavorano possono lasciare i figli in sicurezza. Tutt’oggi il problema della violenza domestica è infatti il più urgente e difficile da sradicare.
“Le nostre case rifugio hanno una capacità per 40 donne, attualmente ce ne sono 81 e 11 bambini – asserisce Suraya in una intervista. - Accogliamo chi scappa da un marito violento, ma anche chi esce di prigione o dai centri di correzione (le donne finiscono in carcere per abbandono del tetto coniugale, uxoricidio, adulterio, e anche per aver disubbidito ad un matrimonio combinato; con una pena che va dai 5 ai vent'anni”.
L'ospedale Istiqlal di Kabul, finanziato dalla Cooperazione italiana, ha un reparto riservato alle ustioni: il 90% dei suoi pazienti sono donne e poche si salvano. Tra marzo 2009 e marzo 2010 si sono registrati 103 casi di auto-immolazione per cui Voice of Women ha avviato una campagna specifica. Altro settore di intervento è l'aiuto alle vedove, circa 2 milioni e mezzo nel Paese, di cui 70mila soltanto a Kabul. Dopo la morte del marito, sono sottoposte a stupri da parte di padri e cognati, ridotte in povertà e sottoposte a condanna sociale. Qualcuna tenta il suicidio, dandosi fuoco o ingerendo dell'acido. Con la perdita del marito, infatti, una donna perde non soltanto l’identità, ma anche il proprio posto all’interno della società.
La Costituzione afgana tutela con tre articoli i diritti delle donne e la parità, ma tutti i buoni propositi del Governo Karzai sono stati disattesi. I diritti delle donne sono diventati il compromesso per la pace in Afghanistan: per la Costituzione uomini e donne sono uguali, ma Karzai voleva rimuovere questo articolo a causa della pressione dei talebani. Fortunatamente l’indignazione unanime della comunità internazionale e la protesta delle organizzazioni femminili ha portato Karzai a fare marcia indietro.